Le quote azzurre

Si fa presto a dire “quote rosa” e “quote nere”, ma vogliamo spendere qualche parola sulle “quote azzurre”? Nel mondo Occidentale le quote azzurre sono quelle dedicate ai maschi bianchi. Non da oggi né da ieri, ma da diversi millenni. Non mi pare che qualcuno ne abbia mai fatto una questione di competenza: la storia dell’umanità fa abbastanza schifo, costellata da morte e distruzione, ma le quote azzurre non sono mai state messe in discussione. Sino ad ora.
Le  quote rosa sono nate per forzare la cultura a normalizzare la presenza delle donne nella sfera pubblica, soprattutto in politica, perché altrimenti col cavolo che avremmo quel misero 25-30% di attuale rappresentanza femminile. Tra l’altro nessuna femminista, e non è un caso.
La questione della competenza, sollevata a proposito della forzatura delle quote rosa, è strumentale: per quale motivo le donne non dovrebbero avere la stessa preparazione, oppure averla persino superiore? Tutte le statistiche ci dicono che le femmine hanno i voti più alti dalle elementari fino all’università, nei master e nei dottorati, per cui perché dovrebbero essere meno competenti dei maschi? Perché dovremmo credere che le quote rosa (le donne sono il 50% della popolazione, giusto per ricordare che non siamo una minoranza) siano una scelta al ribasso? Il problema è nei pregiudizi. Le selezioni dovrebbero impiegare strategie, quando possibile, che disinneschino il pregiudizio, per esempio come si è cominciato a fare negli anni Settanta nelle orchestre: con le selezioni “cieche” oggi nella New York Philharmonic ci sono più donne musiciste rispetto agli uomini, e nessuno si sogna di dire che si è dovuto accettare minore competenza. È bastato giudicare la qualità della musica senza vedere chi la stava suonando, per ribaltare la situazione. Non so come possa essere applicabile qualcosa di concettualmente similare nelle selezioni dell’aviazione militare inglese, ma potrebbe aiutare a mettere in discussione le storiche quote azzurre (assegnate da sempre in primis per privilegio). Di certo una riflessione sui pregiudizi nelle selezioni è d’obbligo, visto che ognuno di noi ha pregiudizi anche inconsci, e molto spesso le donne per prime sottovalutano le altre a causa della bassa autostima che ci viene insegnata sin dall’infanzia, autostima che crolla dalla pubertà in poi quando dobbiamo confrontarci con l’immagine oggettificata e degradante che i media diffondono delle donne.

Così non sono d’accordo con nessuno dei due giornalisti che hanno commentato la vicenda: Massimo Grammellini che sembra accettare il supposto ribasso di qualità come un prezzo da pagare per normalizzare la presenza di donne e nere/i, e Francesco Carrara che lo rifiuta. Entrambi danno per scontato che nessun pregiudizio abbia influito sul presunto scadimento di qualità.